Skip to main content
scarsellino santa cecilia
– Scarsellino

Santa Cecilia

1610 – 1620 ca.
Olio su tela
| cm 88,5 X 98

Questo dipinto potrebbe rientrare tra quelli costituenti il nucleo più antico della collazione, se si riferisce a esso il documento in cui si cita un dipinto raffigurante Santa Cecilia tra i beni lasciati in eredità da Giulio Sacrati nel 1694. Nella Raccolta viene citato come Paolo Verose, attribuzione che rimane fino al 1983 quando Mina Gregori lo accredita a “Ippolito Scarsella detto lo Scarsellino”. Con tale attribuzione viene presentato nel catalogo d’asta Sotheby’s nel 1992. Nel 1996 Jadranka Bentini (1996) riconferma lo Scarsellino come autore del dipinto, che vede bene come tipica opera da collezione, adatta a figurare in una “Galleria” della Ferrara del Sei-Settecento, dove molti erano i quadri di “genere” musicale; come appunto quello citato nell’inventario 1694, relativo ai beni lasciati in eredità da Giulio Sacrati, personaggio ampiamente ricordato dalla storiografia locale per aver “fatta copiosa e ricca raccolta di molte anticaglie e ne mostrava una nobilissima galleria […] ricolma di […] pitture”.
Approfondisci

Il soggetto rappresentato, santa Cecilia, patrona dei musicista e dei cantanti è piuttosto frequente nella produzione artistica ferrarese e anche un’altra celebre collezione, la Costabili, ne contava uno tra i suoi elementi; si tratta della Santa Cecilia, raffigurata dal Garofalo “in piedi, rapita in estasi divota […] in atto di deporre l’arpa su di uno sgabello”. Lo Scarsellino rappresenta la sua santa Cecilia con tutti gi attributi iconografici che la identificano: seduta davanti all’organo – allusione agli strumenti musicali che suonarono il giorno del matrimonio di Cecilia, cristiana, con Valeriano, pagano – con lo sguardo rivolto al cielo, mentre un angelo – custode della sua verginità – le pone in capo una corona di rose e gigli – testimonianza e incitamento al mantenimento del suo stato di illibatezza, causa del suo futuro di martire. La composizione – particolarmente felice e di forte sapore già seicentesco- risente di esempi tratti da artisti come il Bastianino, che ritrae la sua Maestosa Santa Cecilia mentre “dal suo carcere terreno, corporeo, pare ascoltare musiche che non sono certo quelle del famoso “Concerto delle Dame”, immersa in un’atmosfera che “si sensibilizza e si drammatizza nel suo caricarsi di significati che vanno al di là dell’oggetto rappresentato”. Ma anche da artisti dall’ambiente artistico bolognese e romano questa Santa Cecilia sembra aver tratto ispirazione, con il Domenichino o i Carracci, da cui trae la “descrittività” e il simbolismo nell’impostazione della scena; meno forte, in questo dipinto, appaiono gli influssi della scuola veneta, peraltro molto sentiti dall’artista, che comunque anche qui si manifestano nell’uso luministico del colore.
Giuliana Marcolini, “La collezione Sacrati Strozzi, i dipinti restituiti a Ferrara” Fondazione CARIFE, 2005.


Identificativo: 8

Acquisizione: 1994