San Silvestro Papa
Olio su tela
| Cm 97,7 x 149,8
Non menzionato né da Brisighella (1704 ca.) né da Barotti (1770), il San Silvestro è ricordato per la prima volta da Cittadella (1783) nella sagrestia della chiesa delle Benedettine di San Silvestro. Nell’appendice alle Vite di Baruffaldi (1846) Boschini segnala già il dipinto nella collezione Costabili dove si trovava ancora nel 1856 tanto che Laderchi ne può sottolineare la sua derivazione dal modi dello Scarsellino. Passato nella collezione Sani dopo la dispersione della quadreria Costabili, nel 1915 è oggetto di un attento studio di Filippo De Pisis che non solo ne individua le tangenze ferraresi ma pone l’accento sull’intensa componente carraccesca e veronesiana dell’opera. “Primo pittore del tempo dopo lo Scarsellino e Bononi”, Ercoe Sarti si forma a Ferrara alla scuola di Scarsellino e Bononi. Prime opere giovanili sono la Vergine con i re magi, ricordata da Guarini nella relazione sul solenne trasporto di una Madonna miracolosa nella chiesa di Ficarolo (1611) (non più esistente), eseguita a sedici anni e la copia di una Sacra famiglia di Raffaello che secondo C. Cittadella (1793) recava la data 1612 (dispersa). Dell’elenco delle sue opere menzionate dalle fonti storiche sono noti oggi soltanto alcuni dipinti come la tela con i Santi Antonio e Carlo Borromeo a Ficarolo, Il Crocifisso adorato dai Santi Valentino e Carlo Borromeo (Salara, parrocchiale), la pala della peste (Madonna dei Santi Rocco e Sebastiano) e una teletta ex voto nella parrocchiale di Ficarolo, queste ultime eseguite in occasione della peste (1630 ca.). Il Sarti fu anche ottimo ritrattista come testimonia il poeta ferrarese suo contemporaneo Francesco Berni che , in un poemetto in versi in occasione delle nozze tra Gian Francesco Sacchetti nipote del cardinale legato e Beatrice d’Este Tassoni, loda e descrive diffusamente il ritratto della sposa eseguito dall’artista. Le poche opere oggi note rivelano un artista interessato ai valori luministici veneti (Tintoretto e Veronese) e a uno spiccato realismo introspettivo che trasforma i volti dei suoi Santi in veri e propri autoritratti. Nel San Silvestro tali componenti vengono assorbite in una materia coloristica veneto-ferrarese morbida e luminosa che accarezza la maestosa figura del Santo modellata sulle opere mature di Carlo Bononi da cui discendono sia i particolari del fluido panneggio della bianca tonaca, sia quello sfumature a chiaro-scuro che conferiscono alla figura del Santo un tono di larvata melanconia. L’intesa componente bononiana unita al ricordo del rigore controriformato di Ludovico Carracci e gli espliciti rimandi alle suggestioni luministiche neo-veronesiane, inducono a collocare l’opera la fine del terzo decennio del secolo in un momento di piena maturità dell’artista.
A cura di J.Bentini, La pinacoteca nazionale di Ferrara, catalogo generale. Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1992.
Identificativo: 95 [541]
Acquisizione: 1981