San Francesco riceve le stigmate
Olio su tavola
Nella tavola con le Stigmate di San Francesco, sono più evidenti i richiami all’opera di Michele Giambono, specie nel paesaggio roccioso alle spalle del Santo. Entrambe le tavole sono da riferirsi all’ambiente artistico veneziano;;Le due piccole tavole cono classificate opere della “scuola fiorentina” nell’inventario 1850 e il soggetto rappresentato è definito per entrambe un generico “santo eremita”. Nel 1983 Mina Gregori le attribuisce a un artista della scuola dei marchigiani Salimbeni e riconosce nei soggetti rappresentati san Francesco e una santa monaca. I due dipinti appaiono in catalogo d’asta Sotheby’s nel 1992 come opera genericamente di “Scuola marchigiana, inizio secolo XV”; successivamente Tiziano Franco (1996) li colloca in un altro ambiente artistico, quello veneziano dei primi decenni del Quattrocento e nei soggetti rappresentati conferma san Francesco e identifica la santa monaca come santa Marina. La scelta dell’orientamento verso un’origine in area veneziana e verso quella data d’esecuzione viene motivata daal fatto che nei due dipinti si possono vedere segni di aggiornamento ai modelli della bottega del Vivarini, che la Franco individua in particolare nello sfondo architettonico del pannello della santa, costituito da una chiesa dalla facciata caratterizzata da un frontone curvilineo tipicamente veneziano. La mancanza di respiro spaziale delle scene e soprattutto l’impostazione di quella delle stigmate, di retaggio ancora trecentesco, denunciano però radici culturali più attardate, mentre la qualità morbida della pittura richiama il modo di operare di Giambono, combinandosi a una espressività dettagliata in sintonia con la miniatura del tardo Cristoforo Cortese. Le due tavolette molto probabilmente erano parte di una composizione più vasta, come un altarolo o un piccolo polittico. Se la rappresentazione di un momento miracoloso della vita di san Francesco quale è quello del conferimento delle stimmate è più che frequente, piuttosto rara è invece la rappresentazione della vita di santa Mariana. La storia di questa santa, che ritroviamo in buona parte del Medio Oriente, narra che un uomo, dopo la morte della moglie, volendo ritirarsi in un monastero, portò con sé la figlioletta e, per poter vivere tra i frati, la costrinse a fingersi uomo, facendole giurare che mai nella sua vita avrebbe rivelato di essere donna. Così la fanciulla crebbe come Marino, monaco tra i monaci. Un giorno fu accusata di aver messo incinta la figlia di un locandiere e , per questa gravissima accusa, da cui poteva facilmente discolparsi se avesse rivelato di essere donna, fu cacciata dal monastero. La donna visse in una grotta come un eremita, implorando ogni giorno di essere riammessa tra i monaci, e crebbe il bambino, frutto del presunto peccato di lussuria. Infine i frati,la riammisero tra loro, condannandola però a svolgere i lavori più umili. La verità emerse, tra lo stupore dei monaci, solo dopo la morte di “frate Marino”, quando fu chiaro che non si trattava di un fraticello lussurioso ma di una santa fanciulla, pronta anche ad accettare il peso di una colpa non commessa pur di proteggere la sua castità. L’eremo in cui visse Marina, una volta lontana dal monastero, è localizzato dalla tradizione locale ad Ardea, nei pressi di Roma, in una grotta a ridosso della rupe detta Monte della Noce, all’interno dell’attuale cimitero cosiddetto “vecchio”, alle spalle dell’altare dell’omonima chiesa di santa Marina. Nella tavoletta Strozzi Sacrati questi diversi episodi vengono narrati visivamente in un unicum, ma in realtà nella rappresentazione compaiono i tre momenti salienti della vicenda (la cui conoscenza ha come probabile fonte in codici miniati agiografici): quello dell’accusa, quello dell’ammissione della impossibile colpa e quello dell’accoglimento presso di sé del “figlio”. Il tutto narrato con sintetica ma espressiva capacità descrittiva, la stessa con cui è descritto anche l’episodio delle stimmate nella tavoletta con il san Francesco.;Giuliana Marcolini, La collezione Sacrati Strozzi. I dipinti restituiti a Ferrara, Milano, 2005 Fondazione CARIFE, Federico Motta editore S.p.A
Identificativo: 15
Acquisizione: 1992
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