– Daggiù
San Francesco di Paola
Olio su tela
| Cm 51 x 65
Il San Francesco di Paola protagonista di questa bella tela è raffigurato con gli occhi rivolti al cielo: ha tra le mani la corona del rosario; nell’angolo in alto a sinistra si legge il suo motto CHARITAS. È una tipica raffigurazione piazzettesca, discendente dal classico esempio della chiesa veneziana della Fava, commissionato al maestro nel 1724 e saldato nel 1727, raffigurante la Vergine che appare a San Filippo Neri: la mistica figura di San Filippo, caratterizzato allo stesso tempo da una espressività caricata, è stata ripresa nelle vesti di una serie di altri Santi di dal Piazzetta che dai suoi allievi collaboratori. Un san Francesco da Paola molto simile a quello oggetto di questa scheda è documentato da una incisione del Pitteri. Tuttavia, nonostante la tradizionale attribuzione al Piazzatta per questa tela di grande qualità, l’intensa figura del plasticismo robusto e fortemente contrastato rivela un modo più analitico e studiato di indagine pittorica che fa pensare piuttosto all’esecuzione di un artista molto vicino al maestro. Un confronto convincente è il Miracolo di San Francesco di Paola (ora nel museo diocesano di Cortona), prima opera documentata e collocata nella chiesa di San Filippo da Cortona nel 1750 da Francesco Capella detto Daggiù. Questi entrato molto giovane nella bottega del Piazzetta, vi rimase come collaboratore fino alla morte del maestro, avenuta nel 1754, ma assumendo allo stesso tempo numerosi incarichi indipendenti. Nell’opera cortonese del Daggiù riecheggiano parziali reminescenze dei moduli piazzetteschi nella tela venezian della Fava, ma con le caratteristiche stilistiche e tipologiche delle opere dell’allievo, che si distinguono per l’intonazione intensamente patetica e per il drammatico e visionario luminismo che lo mettono in rapporto con il Bencovich e col Tiepolo giovane. Come giustamente ha spiegato Ruggeri (1977) l’artista è interessato non tanto alla sintesi plastico spaziale del tardo Piazzetta “quanto ad un dirompimento di tele nesso attraverso l’adozione di vettori spaziali e compositivi dinamicamente sottolineati dai percorsi di luce, in senso fortemente astrattivo e irrealistico”. La tela in esame è una conferma della qualità del Capella in parallelo svolgimento col linguaggio del maestro, ed è databile ancora all’interno dell'”impresa Piazzetta”, poco dopo il dipinto cortonese. Per ulteriori confronti si vedano le figure barbate dell’artista, significativo è il vecchio cieco del più tardo (appartenente al periodo bergamasco) Ritratto di famiglia di Bergamo, collezione privata. A cura di J.Bentini, La pinacoteca nazionale di Ferrara, catalogo generale. Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1992.
Acquisizione: 1961
- Collocazione attuale: