San Bruno
Olio su tela
| Cm 73 x 99
Per quanto concerne l’attribuzione di questa tela, nel 1962 A. Emiliani fece il nome di Carlo Bonone e propose di metterla in relazione con una di analogo soggetto che, secondo Baruffaldi, l’artista aveva dipinto per la Certosa di Ferrara e che venne poi trasferita alla Pinacoteca di Brera fin dall’età napoleonica. In seguito questa proposta è sempre stata accettata finché, di recente, J.Bentini l’ha messa in dubbio perché l’opera, ad un esame più attento circa la tecnica pittorica ed il supporto, appare più tarda. Nel dipinto in oggetto, il Santo è rappresentato di scorcio e con le caratteristiche del “memento mori”, poiché nella mano sinistra reca il teschio a testimoniare la necessità della meditazione sulla vanità della vita e la fugacità delle cose terrene, in un atteggiamento di vibrante naturalismo evidenziato dal potente uso del chiaroscuro. Per quanto riguarda il possibile modello, Federico Zeri ha segnalato come figure devozionali di tal genere e con questa impostazione dinamica siano state più volte realizzate da Giacinto Brandi, pittore che dalla natia Poli si trasferì giovanissimo (1630 ca.) a Roma, dove frequentò prima le botteghe di Algardi e Sementi, poi di giovanni Lanfranco. Nella capitale, oltre che numerosissime opere da cavalletto, a partire dal 1660 fu impegnato in importanti cicli decorativi tanto da poter essere considerato, almeno per gli anni Settanta, l’artista più celebre di Roma e anche colui che otteneva le più ragguardevoli commissioni, riuscendo a sommare una serie di doti, quali la rapidità nell’esecuzione, il prezzo “abbordabile” e la capacità di coniugare al meglio i due termini della cultura figurativa del proprio tempo, barocco e naturalismo, e a soddisfare, dunque, interamente il gusto dei suoi contemporanei. Una figura come quella del San Bruno pare accostabile alla produzione dei primi anni Sessanta di Brandi, ad opere come il San Benedetto Abate della chiesa di Sant’Angelo Magno di Ascoli Piceno o il Sant’Antonio nel deserto della Galleria Doria Pamphili di Roma, vale a dire in un momento di adesione dell’artista ai modi di Mattia Preti e in genere delle cultura napoletana di Ribera o Luca Giordano.;a cura di J.Bentini, La pinacoteca nazionale di Ferrara, catalogo generale. Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1992.
Identificativo: 47 [493]
Acquisizione: 1961
- Collocazione attuale: