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Presentazione di Gesù al tempio

Presentazione di Gesù al tempio

Olio su tela centinata
| Cm 82 x 124

Il Vangelo di Luca narra che trentatré giorni dopo la nascita, Gesù fu portato al tempio in ossequio alla legge ebraica che imponeva il riscatto, attraverso il pagamento di cinque sicli d’argento, dal sacrificio a Dio di ogni primogenito di uomo. Nella liturgia cristiana l’episodio è promozione del sacrificio di Cristo necessario per riscattare l’umanità e diffondere la luce della salvezza. Nel Cinquecento il tema ssume una nuova importanza: non più relegato alla dimensione minore della predella, episodio fra i tanti della vita di Gesù o della Madonna, spesso assurge alla dignità della pala d’altare, riflettendo ulteriormente significati, forse connessi alla necessità della Chiesa di ribadire un ruolo centrale rispetto alle spinte riformistiche cattoliche e protestanti. Si vuole probabilmente sottolineare come lo stesso Gesù, portatore della nuova legge, si sottometta alla autorità del tempio e parimenti la Madonna, benché immune dal peccato, accetti il rito della “purificazione della puerpera” che richiedeva il sacrificio di due colombe. La versione ferrarese, che ha le dimensioni del sottoquadro, segue una impostazione iconografica abbastanza diffusa e significativa consistente nella centralità prospettica e architettonica dell’aula templare e nel ripetersi di alcuni elementi secondo una precisa disposizione: Gesù, viene offerto dalla madre all’altare, altare che è mensa sacrificale e prefigurazione del percorso di Cristo. Il bimbo è accolto tra le braccia del sommo sacerdote vestito con i paramenti del suo rango, uomo pio e giusto e consapevole del destino di dolore e di salvezza di Gesù, probabilmente personificazione delle gerarchie ecclesiastiche. Sulla scena risplende la luce della lampada simbolo di Cristo, luce di salvezza. Dal punto di vista stilistico l’opera è stata ricondotta al manierismo bolognese (Cerini, Venturini) con una attribuzione a Orazio Samacchini, artista però di cultura più complessa e di qualità pittorica più raffinata di quelle esibite. Jadranka Bentini (1984) ipotizza l’esecuzione di Ercole Procaccini e Berenice Giovannucci Vigi (1984) assegna la tela a un “Manierista bolognese della seconda metà del Cinquecento”, pur istituendo un pertinente confronto con la Presentazione al Tempio in Sant’Isaia a Bologna, dipinto che Daniele Benati (1986) riconduce decisamente “entro il primo percorso di Ercole non senza un rapporto con Biagio Pupini nella figura del concelebrante a sinistra”. Una data ancora entro la prima metà del secolo appare pertinente per le due Presentazioni, diligenti animazioni del classicismo bolognese di primo Cinquecento, entrambe impostate sull’usuale simmetria compositiva e dove l ritmico disporsi degli astanti è moderatamente variato da contrappunti di gesti e di pose. A cura di J.Bentini, La pinacoteca nazionale di Ferrara, catalogo generale. Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1992.

Identificativo: 92 [538]

Acquisizione: 1977