– Giovanni Luteri
Orazione nell’orto
1515 – 1516 ca.
Olio su tavola
| cm 33 x 42,5
Questa piccola tavola è attribuita nell’inventario 1850 a “Dosso Dossi”. Nel 1933 viene esposta alla mostra sul Rinascimento ferrarese a Ferrara con la stessa attribuzione, poi confermata da Longhi (1934), Berenson (1968), Mezzetti (1965), Gregori (inv. 1983 P.S.S) e nel catalogo dell’asta Sotheby’s del 1992; non così per Gibbons (1968), il quale vede il dipinto come un’opera del giovane Battista, databile a poco prima del 1520, un parere condiviso da Alessandra Ballarin (1995) che suggerisce una data leggermente anticipata, al 1516 circa. Come ipotizzato da Vittoria Romani (1995), la scritta “S.to Antonio” posta al rovescio della tavola può alludere a una provenienza del dipinto dal convento ferrarese di Sant’Antonio in Polesine. Quanto al collegamento indicato da Gibbons (1968) con un dipinto di Dosso di questo soggetto citato negli inventari di Lucrezia d’Este del 1592, quindi in quelli Aldobrandini, tale collegamento sembra difficilmente sostenibile e non solo perché, come ha rilevato Romani, le dimensioni del dipinto citato negli inventari di Lucreziani sono leggermente maggiori rispetto a quello Strozzi Sacrati, ma anche perché nell’inventario del 1682, pubblicato da Paola Della Pergola (1963), si dice esplicitamente: “Un quadro in tela […] alto palmi tre e mezzo”, e invece in questo caso siamo di fronte a tavola. Battista rappresenta una sua “agonia” di Cristo, diversa dagli esempi offerti da altre “agonie”, come quella di Panetti della stessa collezione Strozzi Sacrati. Mette, infatti, in grande risalto la figura del Salvatore, ponendola inginocchiata sopra una collinetta; ai suoi piedi i tre apostoli addormentati e, sulla destra, il gruppo degli armigeri guidati da Giuda. Il tutto immerso in un paesaggio boscoso, ricco di vegetazione dettagliatamente descritta, rischiarato e messo in evidenza dalla luce proveniente da una nube sfolgorante in cui spiccano, parzialmente visibili, i simboli della prossima Passione; il tutto reso secondo un’espressività impressionista ante litteram. E questa reas pittorica risente della lezione di Dosso, sempre altrettanto luministicamente e “impressionisticamente” descrittivo nelle ambientazioni naturalistiche.;Giuliana Marcolini, La collezione Sacrati Strozzi, I dipinti restituiti a Ferrara, Fondazione CARIFE, Federico Motta Editori S.p.A., 2005, Milano.
Identificativo: 14
Acquisizione: 1994
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