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figura maschile

Figura maschile – frammento

Olio su tavola
| cm 23,5 x 57

Nell’inventario 1850 la tavola è catalogata come di mano di “Ercole Grandi”, attribuzione poi corretta in “Bramantino”. Nell’inventario redatto da Mina Gregori nel 1983, la si considera opera di un generico artista di “Scuola di Ercole de’ Roberti” e come tale viene presentata in catalogo d’asta Sotheby’s nel 1992. Per Daniele Benati (1996) l’indicazione è sempre valida, anche se non si può parlare di dipendenza diretta da modelli del maestro. La resa pittorica si connota per suggestioni fiamminghe, che impreziosiscono una forma improntata a grande monumentalità e a una certa astrazione, con esiti assimilabili a quelli proposti negli anni Novanta da Giovan Francesco Maineri e dal giovane Francesco Francia. A suo avviso, sono però riferimenti che non conducono per il momento a una precisa identificazione. Il dipinto faceva evidentemente parte di una composizione più vasta, come del resto suggerito anche dalla notazione aggiunta nel corso dell’Ottocento nell’inventario 1850: “Fragmento d’un quadro grande”. Il personaggio soggetto del dipinto, indicato nellìinventario 1850 come “Munsulmano” per via degli abiti di foggia orientale e del turbante in capo, fu visto come “Pilato” da Charles Loeser, il collezionista americano che viveva a Firenxe e che fu evidentemente in contatto o con Massimiliano Strozzi Sacrati, padre di Umberto, o con Umberto stesso e che poté edere la collezione proveniente per via ereditaria da Ferrara. Ma forse è più probabile si tratti del fariseo Giuseppe d’Arimatea, membro del Consiglio, che secondo la tradizione fu presente alla deposizione di Cristo, e fornì il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo del Signore. La figura porta per l’appunto un drappo bianco appoggiato sulla spalla sinistra; si volge verso un’altra figura (forse il committente-donatore?), di cui, dato il taglio subito dalla tela in epoca sconosciuta, sono rimaste visibili solo le mani giunte. Sullo sfondo compare una citazione di sapore “classico”, costituita da un rudere di lesene marmorea; questa da un rudere di lesena marmorea; questa reca nel basamento un bassorilievo in cui, parzialmente leggibile, compare la raffigurazione di una decapitazione (del Battista, di Donnino, di un altro santo “cefaloforo”?). Tale citazione “classica”, così frequente nei dipinti di de’ Roberti, ci riorienta verso l’attribuzione – già formulata dalla Gregori – a un artista dell’ambito del maestro ferrarese.;Giuliana Marcolini, “La collezione Sacrati Strozzi, i dipinti restituiti a Ferrara” Fondazione CARIFE, 2005.

Identificativo: 3